Purea di fave

Ingredienti 600 grammi di fave; 2 belle patate a pasta bianca; olio extra-vergine d’oliva secondo desiderio; sale.

Esecuzione. Pulire e lavare bene le fave in acqua corrente e a lungo; porle in un recipiente coperte da abbondante acqua, che dopo 2-4 ore andrà cambiata, porle di nuovo a bagno e ricambiare l’acqua dopo altre 4 ore. Riporle a bagno per altre 12 ore, ora più ora meno. Dopo di che, cominciando dal nasello, sbucciarle e porle in acqua fredda. Portarle a ebollizione e dopo la prima ora togliere la schiuma e salare. Sbucciare le patate, tagliarle a dischi e fare una specie di coperchio sulle fave. Mandare a fuoco lento per altre 2 ore e mezza o 3. Naturalmente, aggiungere se necessario acqua bollente in piccole quantità. Dopo le 3 ore, passare al setaccio, porre la purea nelle ciotoline e condire con olio a crudo.

La purea di fave è un piatto che, con poche varianti, ha contribuito a sfamare le famiglie contadine degli Appennini e delle nostre Isole. Fino a qualche anno fa si trovava, per quanto è a mia conoscenza, solo in alcuni ristoranti delle Puglie e nelle case di buongustai legati alle tradizioni. Ovunque veniva arricchita con verdure e in alcuni casi con baccalà o pesce e condita con olio extra-vergine d’oliva.

Non la propongo come un piatto archeologico, ma come un piatto eccellente sotto tutti gli aspetti, purché si usino gli ingredienti giusti: buone fave (eccellenti quelle di Leonforte, Enna, o Carpino, Foggia), buone patate a pasta bianca ed eccellente olio extra-vergine d’oliva. Dato il piatto, rendiamo omaggio alla Puglia usando l’extra-vergine di Ostuni (l’olio d’oliva pugliese, grasso e ad alta acidità, è un brutto ricordo del passato; oggi la raccolta e la frangitura sono fatte, in genere, a regola d’arte). Le ricette che do, invece, non sono propriamente pugliesi, ma di mia nonna, trascritte da mia madre.

Buon Appetito